LutherBlissett
LutherBlissett Anzi ti dirò che questa teoria che sto proponendo nel mio thread tu non la stai criticando abbastanza 🙂
In fondo ero venuto qui a presentarla proprio allo scopo di farmi aiutare a scovarne i difetti.
Tenterò 🙂
Il Dio di cui mi racconti è un puer, un fanciullo.
È sognatore, perché Egli è ancora un fanciullo.
E proprio come un fanciullo non smette mai di sognare, mai di giocare. Continua ancora, ancora e ancora senza stancarsi mai.
I Suoi giocattoli siamo noi.
Nel Suo gioco Egli diventa ciascuno di noi, si cala nei panni di ogni personaggio: Gli dà una voce, un’identità, una storia. Perché il fanciullo si trova ancora nella fase in cui può dare qualsiasi forma alla sua vita. Lui può essere quello che vuole: se crede di poterlo essere, allora lo diventerà per davvero.
Noi tutti siamo quel fanciullo, senza rendercene conto. Non possiamo connetterci col fanciullo che è in noi. Lui resta celato nel nostro profondo per tutta la durata della Sua storia.
Stabiliremo una connessione reciproca soltanto quando il gioco terminerà: allora sapremo che ognuno di noi in realtà pensava con la Sua mente, parlava con la Sua voce e agiva per Sua mano.
Connetterci al puer divino che vive in noi permette al puer stesso di non rinunciare al Suo sogno, perché terminare un gioco Gli dà modo di iniziarne un altro subito dopo, in aeternum.
Il puer è infatti aeternus, non muore mai. Il fanciullo esperisce la morte solo virtualmente in ognuno dei personaggi che ha creato.
L’uomo è l’alter ego, l’altra faccia del puer, che è il senex.
Al contrario Suo, prima di morire, abbiamo la possibilità di svilupparci e maturare nel corso dei nostri anni.
Al contrario Suo, non abbiamo più tempo per giocare, e non abbiamo più la voglia di sognare come facevamo un tempo.
Il puer è così pieno di vita tanto da poterla dispensare al senex.
Il senex è colmo di esperienza e rappresenta la realizzazione del puer, il quale senza il senex resterebbe perennemente nel mondo delle Sue idee, di ciò che può avvenire solo “in potenza”.
Sono due opposti che si completano a vicenda.
Il senex invidia la vita del puer, perché nell’inverno si ha nostalgia del tepore della primavera; e invidia il tempo che ha il puer, l’aeternitas, perché quando si è puer il tempo scorre più lentamente, si dilata come se fosse infinito.
Ma perché il puer invidia la morte del senex? Perché invidia il freddo del suo inverno? Cosa sa il fanciullo della paura del trapasso? Assolutamente niente, Egli non ha cognizione di causa, non sa neanche cosa stia desiderando.
Il fanciullo nel Suo sogno è limitato perché, nonostante ne abbia tessuto la trama, non riesce a immedesimarsi nel vecchio. Non ha gli strumenti per capirlo.
Il senex sa molto più di quanto conosca il puer.
La creatura è più sviluppata del suo stesso creatore, perché ha raggiunto il livello successivo della vita, quello a cui Egli non è ancora arrivato, e in quanto aeternus, non vi arriverà mai.
Se il puer aeternus, avendo pieno controllo della realtà, predispone i Suoi senex a ripetere le Sue proprie inclinazioni, allora i senex non potrebbero essere senex, ma resterebbero sempre dei puer.
Perché le inclinazioni del puer sono puerili, sono quelle di un fanciullo che non è in grado di trasmettere al potenziale senex l’esperienza necessaria a divenire tale in futuro.
Essere a Sua immagine e somiglianza significa essere come Lui, e trovarsi nel suo stesso stato di quiescenza maturativa; significa pensare e agire come un fanciullo.
Ma l’uomo, a un certo punto della sua vita, smette di essere soltanto un puer per divenire anche senex.
E poiché questo non si può negare, allora di Chi siamo la reale manifestazione?
Pare che la nostra naturale tendenza a raggiungere la morte ci porti a superare quell'identità attribuitaci in origine, divenendo una versione compiuta del puer da cui comunque deriviamo: il senex, in cui alberga il puer.
Entrambi coesistono in un Uno (puer + senex), ma si trovano in un rapporto di consequenzialità diretta (puer → senex), in cui il progresso può avvenire soltanto con l’evoluzione del germinale stato di puer, che così può progredire nelle Sue nuove inclinazioni, proprie dell’uomo maturo, non più di Dio.
Citandomi: Connetterci al puer divino che vive in noi permette al puer stesso di non rinunciare al Suo sogno, perché terminare un gioco Gli dà modo di iniziarne un altro subito dopo, in aeternum.
Ma questo “divino potenziale” del puer viene in seguito rimaneggiato dal senex che lo rende così “umanamente superiore” privando il gioco della sua aeternitas, e l'individuo dell'incapacità di dare spazio al dovere oltre che al piacere.
Per cui, cosa e quanto resta di quel Dio negli uomini?