Da che ne senta, i miei vicini sono da sempre la tipica famiglia da "quartiere Zen", dove la violenza è un modo per farsi rispettare e le urla cose di tutti i giorni. Il figlio finché era bambino sembrava il classico ragazzino diligente e taciturno; al momento, a quasi 40 anni, vive da solo con la madre (il padre morì qualche anno fa d'infarto) e ha subito e subisce, al di là del contesto di crescita turbolento, un bullismo spietato in società: lo prendono, in pratica, per "demente", o in linea generale lo emarginano come "pazzo". Probabilmente per la difficile quotidianità, e la difficile infanzia (mi raccontava mia madre di violenze allucinanti che subiva dai genitori sin da quando era ancora in fasce... del tipo: lui come tutti i lattanti piangeva e i genitori anziché consolarlo gli urlavano di stare zitto), per ripiego e in conformità alla sua natura sembrerebbe timida, spaurita, debole e fiacca, ha scelto la vita ritirata, fobica, complessata, in casa (lo si vede ben poco in giro) o tutt'al più in ospedale (c'era di frequente la polizia sulla strada). Lo vedo ancora in giro per il paesello, talvolta, simile a un barbone, che va ubriacandosi in piazza, nei bar (che non sono taverne), o semplicemente sui marciapiedi. Va detto che la famiglia non ha problemi economici di sorta e ci tiene, nonostante questa lampante evidenza del contrario, a dare un'apparenza di perbenismo e rispettabilità in società (la madre sempre truccatissima, impellicciatissima, ingioiellata e dai modi "affabili" e "raffinati"). Ho ragione a provar pena?