«Stanca dal lungo cammino e dal calore,
vidi una valle ombrosa, con un corso d’acqua silenzioso:
la limpidezza delle sue onde e la trasparenza
lasciavano vedere i ciottoli sul fondo.
Mi avvicinai e, sciolti i vestiti, vi entrai.
Avanzavo piano, muovendo l’acqua leggera coi piedi.
Ma dalle profondità sentii un lieve mormorio,
e, turbata, cercai di fuggire dalla riva.
"Dove corri, Arethusa?" – gridò una voce.
Non era una voce ignota: era Alfeo,
che mi mostrava il suo volto,
e le sue parole confermavano i suoi desideri.
Fuggii nuda, abbandonando i vestiti.
Egli disse: "Perché fuggi, Arethusa? Sono Alfeo,
un dio delle acque: non ti inseguo come nemico.
Fermati: ti ama chi ti insegue!"
Ma io continuavo a fuggire,
correndo per pianure e montagne,
finché la stanchezza prese il sopravvento.
"Aiutami, Diana!" – gridai – "aiutami, o dea!"
E la dea fu presente, e mi nascose in una nube densa.
Ma Alfeo la circondava,
cercando me con sguardo e mani,
traendomi in ansia e sudore.
Il sudore divenne liquido: goccia dopo goccia
mi sciolsi, e divenni acqua.
Diana allora aprì un varco nella terra,
e io fui condotta sotto il suolo,
attraverso mari e oscurità,
fino all’isola di Ortigia, dove riaffiorai come fonte.»
Domanda: come interpretate questa scena?