È di fallire "come uomo". Il non fare tutte le esperienze che la vita ci ha riservato e che comunque presuppongono una certa idoneità. Ecco, il massimo timore d'ognuno di noi è l'essere inidoneo rispetto ai fini eternamente desiderabili della vita, che non sono gratuiti né facilmente conseguibili. Il confronto è duplice: con l'uomo di successo e con la morte. L'uomo di successo rappresenta l'uomo che ha vinto la morte, e la morte rappresenta la croce posta sulla fossa dove giace il cadavere dei vinti.
Non so se rendo l'idea. Nulla ci spaventa, tutto è sotto controllo, tranne l'impressione che in questo grande baccanale qual è la società moderna, tutti possano goderne appieno, tra viaggi, sesso con belle donne (o begli uomini), notti in discoteca, cene luculliane; mentre noi (io, tu, incel che mi stai leggendo e anche donna che di tutto ciò gode più facilmente) annaspiamo con risultati mediocri. È una paura generalizzata, certo, ma profondamente impari in quanto alle sue gradazioni: un Gianluca Vacchi, uno studente universitario brutto e recluso, e un precario che abita in un subaffitto, non provano la stessa qualità e quantità di timore.
Il risultato di una società capitalistica focalizzata sulla mera materia, in cui la spiritualità e la statualità sono state lentamente marginalizzate, è purtroppo una diseguaglianza anche emotiva, oltre che cetuale ed economica. Non tutti possono ''godere la vita'', ma solo coloro che hanno i requisiti - o prerequisti - per godere la materia. Io e Gianluca Vacchi siamo entrambi infelici, ma la sua infelicità è generalmente più desiderabile della mia.