«Vidi un col capo sì di merda lordo», «Taïde è, la puttana che rispuose»…
Se nella Divina Commedia non è raro imbattersi in parole popolari e realistiche, talvolta perfino oscene, è perché Dante, nel suo capolavoro, adotta la lingua fiorentina in tutte le sue varietà, anche le più basse. A queste scelte lessicali di Dante si deve il giudizio parzialmente negativo su di lui formulato nel Cinquecento da Pietro Bembo, che deplorava quelle discese dantesche verso il basso. Non è un caso che Bembo, nel codificare l’italiano letterario, abbia scelto Petrarca come modello della poesia e Boccaccio come modello della prosa, mettendo in secondo piano Dante.
P.s. Non è tutta farina del mio sacco, ma non ho virgolettato perché in fondo di mio c'ho messo due punti e quattro virgole.