Antonio_Scalzo presumo tu intenda un determinismo meccanicistico in cui nulla di trascendentale serve per spiegare la realtà. In breve Einstein riprendeva involontariamente il dio di Spinoza per spiegare la natura del cosmo. Ma c'è un errore che entrambi non hanno intuito, ossia una visione dinamica dell'individuo, governato da forze e pulsioni costantemente in conflitto dal suo interno: la dissoluzione e l'illusione dell'io. Ogni momento è parte di un ciclo infinito, causa ed effetto non sono due enti distinti ma sono un tuttuno indivisibile del Divenire cosmico (in quel complesso organico e continuo che è la Realtà, non c'è distinzione, non vanno isolati come singoli elementi malgrado il linguaggio non ci permetta di andare oltre.) Solo nell'attimo presente e in quanto volontà agente l'uomo partecipare alla verità (ma quasi nessuno evidentemente ha sensi abbastanza sottili per captarlo e riconoscerlo ...).
Nella Genealogia della morale è presente un ragionamento simile ma espresso più efficacemente:
"‑Pretendere dalla forza che essa non si manifesti come forza, che essa non sia volontà di sopraffazione, volontà di oppressione, di potere, che essa non sia sete di nemici e di resistenze e di trionfi, è tanto assurdo come il pretendere dalla debolezza che essa si manifesti come forza. Un quantum di forza è un preciso quantum di istinto, di volontà, di azione ‑ anzi non è altro che questo istinto, questa volontà, questa azione stessa, e solo la seduzione del linguaggio (e degli errori fondamentali, in essa pietrificati, della ragione) che intende e fraintende ogni agire come condizionato da un agente, da un «soggetto», può far apparire la cosa sotto una luce diversa. Così come infatti il popolo separa il fulmine dal suo baleno e considera quest’ultimo come un fare, come l’azione di un soggetto che si chiama fulmine, così la morale popolare separa la forza dalle manifestazioni della forza, come se al di là del forte esistesse un sostrato indifferente, il quale sarebbe libero di manifestare o no la forza. Ma un tale sostrato non esiste non esiste nessun «essere» dietro il fare, l'agire, il divenire: «colui che fa» è solo un accessorio inventato dal fare ‑ il fare è tutto. Il popolo, in fondo, raddoppia il fare; quando fa balenare il lampo, si tratta di un far‑fare: l'avvenimento viene posto prima come causa e poi, la seconda volta, come effetto di questa.
I naturalisti non si comportano diversamente, dicendo: «****La forza muove, la forza produce» **** e via di seguito ‑ tutta la nostra scienza, malgrado tutta la sua freddezza o la sua liberazione dal sentimento, soggiace ancora alla, seduzione del linguaggio e non si è liberata dei falsi bastardi, dei «soggetti» (l'atomo, per esempio, è uno di questi bastardelli, così come la «cosa in sé» kantiana): nessuna meraviglia quindi se i sentimenti repressi di vendetta e di odio, ancora ardenti sebbene nascosti, sfruttino questa fede ai propri fini, e, in, fondo, non tengano viva più profondamente altra fede se non quella nella libertà di scelta del forte di farsi debole, e dell'uccello rapace di farsi agnello ‑ col che si conquistano il diritto di imputare all'uccello da preda il fatto di essere appunto un uccello da preda... "