La cultura deve (o dovrebbe) partire dall'istruzione, ma occorre fare un passetto indietro: il concetto di cultura è estremamente vasto. Un laureato in materie umanistiche può avere una vasta cultura letteraria: sa leggere senza problemi un canto a caso della Commedia, traduce a vista una lettera di Seneca senza vocabolario, ti sa descrivere ogni monumento della sua città. Al contempo potrebbe non avere una cultura scientifica: magari non ti sa spiegare perché le api vanno salvaguardate o cosa sia l'effetto serra, non sa dirti cosa sia un atomo e non sa risolvere un'equazione algebrica.
Puoi trovare anche chi si è fermato alla terza media e non ha una cultura né umanistica né scientifica; se però parliamo di un idraulico, un meccanico o una colf, ecco che emerge un altro tipo di cultura, più pratica ma che potrebbe non essere alla portata di chi ritiene di essersi elevato con lo spirito (il classico caso del laureato che non sa avvitare una lampadina o friggere un uovo in padella).
Pure essere capaci di mangiare bene, evitare di porsi in pericolo in determinate situazioni o con determinate persone, saper adeguarsi al contesto e interagire col prossimo dovrebbero far parte del nostro bagaglio culturale (anche se qua fi sconfina, in parte, con l'educazione, intesa come capacità di stare a contatto con gli altri e vivere in società).
In ogni caso, la cultura è sicuramente un "qualcosa" di più vasto e allo stesso tempo di più ristretto dell'istruzione; questa in pedagogia viene definita come la trasmissione di un sapere disciplinare dal maestro all'allievo: è quella che genericamente definiamo "scuola", dall'asilo all'università, dai master ai corsi di formazione professionale.
L'istruzione prevede che si impari a leggere, scrivere, contare, comunicare in una o due lingue straniere, esporre i fatti della storia, saper fare un'equazione chimica, conoscere le basi della sociologia, saper riparare un motore, sviluppare un sito web, tradurre correttamente un testo dal cinese all'italiano, gestire un evento culturale, saper fare le analisi del sangue. Si va dal sapere al saper fare; quando l'educazione viene chiamata in causa (prima direttamente, poi indirettamente), si tratta anche di saper essere.
Effettivamente, istruirsi o venire istruiti non è troppo complicato, soprattutto quando, in età adulta, si può decidere che cosa studiare e cosa no; avere una cultura diventa più complicato. Il confine si fa più labile quando si ragiona in termini di materie scolastiche.
Per dire: io mi laureo in Lingue. La mia competenza è l'inglese: so lavorare con quella lingua. La mia istruzione mi ha portato a conoscere perfettamente la grammatica, a saper tradurre, a saper scrivere un articolo accademico.
Mi hanno però obbligato a studiare anche la letteratura inglese: a livello culturale, conosco Shakespeare, Milton, Dickens ecc. Possono leggere un romanzo in lingua e posso conversare con i miei colleghi di letteratura inglese mostrando di avere una cultura umanistica (la quale tuttavia si dà per scontata, ma che rischia di essere trascurata nel momento in cui con la letteratura non ci lavoro). Eppure: la cultura letteraria diventa frutto dell'istruzione (una competenza) nel momento in cui mi trovo a tradurre romanzi e poesie per una casa editrice oppure a insegnare in un liceo.
Il confine non è quindi predefinito. Ma l'istruzione resta comunque il punto di partenza per la cultura, la quale potrà essere espansa grazie alla prima.
Per dire: se io ho la passione per la letteratura in generale grazie allo studio, potrei senza problemi espandere i miei orizzonti e darmi alla lettura dei classici della narrativa giapponese o araba; se mi piace guidare posso prendere la patente della moto e acquisire una conoscenza e una capacità negate a chi ha solo la patente B; se io mi dedico allo hobby della scultura, allora potrò acquisire una conoscenza sui diversi materiali, avere la capacità di modellare qualcosa e la cultura di parlare, in generale, della scultura. Partendo da quest'ultimo esempio: posso decidere di seguire un corso di scultura; l'insegnante mi istruisce sui materiali e i macchinari adatti per scolpire qualcosa; quelle nozioni teoriche e pratiche diventano una mia competenza; l'insegnante può stimolare ulteriormente il mio interesse culturale verso la scultura mostrandomi come nel '900 diversi artisti hanno stravolto il significato stesso di scultura.
Se io spiego a qualcuno (che magari me lo chiede per curiosità) che Picasso creò una testa di toro a partire dal manubrio di una bicicletta o che qualcuno ebbe l'idea di utilizzare il corpo umano come scultura vivente, mostro la mia cultura (da non confondere col semplice nozionismo: un conto dire che nel 1989 venne abbattuto il Muro di Berlino, un altro e spiegare gli effetti socioculturali che tale evento ebbe sull'umanità intera); tuttavia: se io sfrutto la mia cultura per ideare una scultura altamente originale o innovativa (lasciandomi ispirare dai grandi del passato), ecco che la cultura diventa anche essa competenza.
Insomma: tra istruzione e cultura c'è la competenza, che dovrebbe essere la naturale evoluzione della prima. Se si rimane confinati nel mondo dell'istruzione, il nostro cervello si riempie di nozioni che rischiano di morire; la cultura aiuta a rinvigorire il nozionismo e a porlo su una dimensione più alta.
Io non posso parlare della testa di toro di Picasso se prima non so chi caspita è Picasso.
Spero di essere stato chiaro.