Tutti i mali della modernità - compresi quelli che di volta in volta segnali, come la questione dell'ipergamia, che ricordiamo essere non solo biologica ma anche socio-culturale - derivano da questo paradigma di pensiero. Se Dio non esiste (e, di riflesso, non esiste neanche una morale assoluta) cosa ci spinge a sopportare la vita? Io la risposta, personalmente, l'ho trovata nei meccanismi di piacere. L'edonismo - paradosso - quale contraltare al nichilismo. Il punto è, caro V, questi meccanismi di piacere sono altamente disfunzionali. Una società a cui siano stati sottratti i simboli teologico-metafisici e che funzioni solo sulla base del piacere, che non è un simbolo ma un mero impulso biochimico, è destinata al fallimento sicuro. Infatti guarda in che direzione stiamo andando, quella della sfacelo nucleare. Quella che Hobbes chiamava "la guerra di tutti contro tutti" (Omnia bellum contra omnes). Anche i simboli portano alla deriva sociale e civile: si pensi alle guerre di religione, quelle di territorio o anche solamente a tutti quei conflitti posteriori all'età della pietra, accomunati da una componente simbolica, ideologica, sovrastrutturale (la guerra di Troia è l'essenza di tutte le guerre ideologiche). Che alla base di ciascun conflitto sovrastrutturale vi siano motivi strutturali (la fame dei più, il desiderio di non essere oppressi) non v'è alcun dubbio e lo aveva compreso già Marx. Il suo limite è stato non capire che la situazione non si sarebbe risolta aggiungendo un'altra sovrastruttura (il comunismo, che sappiamo essere sovrastrutturale in misura molto maggiore di quanto non sia il capitalismo) all'edificio umano.
Insomma, ciò che voglio dire è chiaro e semplice, e c'ho scritto fior di articoli: senza Dio non solo non v'è morale, ma non v'è neanche salvezza. È dal desiderio di salvezza che nasce Dio (e non Dio come tale, Dio in senso nicciano, Dio-simbolo). Il linguaggio stesso è un insieme di simboli atti a garantire la sopravvivenza umana: Dio non è che uno di essi.