La violenza di genere costituisce una tipologia di reato in costante espansione e di continuo interesse da parte della comunità scientifica. Il fenomeno nella sua globalità è complesso da analizzare in quanto gli autori di reato commettono gli episodi perlopiù entro le mura domestiche e ciò comporta, dato il legame spesso di natura intrafamiliare tra autore e vittima, il silenzio di quest’ultima che concorre ad accrescere il cosiddetto “numero oscuro”. Da ciò derivano i limiti dell’analisi di un fenomeno per sua natura sommerso, del quale non è facile tracciare i contorni.
Una conoscenza approfondita del fenomeno nel suo insieme, tuttavia, è essenziale per lo sviluppo delle politiche e dei servizi, a partire dalle campagne di sensibilizzazione per arrivare alle contromisure legislative finalizzate a prevenire e/o contenere la violenza.
Va rilevato come inchieste, sondaggi e ricerche che analizzano tale comportamento deviante e che vengono proposte con continuità a livello istituzionale e mediatico da diversi decenni, sono solite prendere in considerazione solo l’eventualità che la vittima della violenza di genere sia donna e che l’autore di reato sia uomo. Tale informazione, distorta alla sua origine, passa tramite canali ufficiali (dai media alle campagne di prevenzione) determinando una conseguente sensibilizzazione unidirezionale che relega ad eccezioni - spesso non prese neppure in considerazione - le ipotesi che la violenza possa essere subita e/o agita da appartenenti ad entrambi i sessi.
L’indagine presentata in questo articolo è finalizzata a raccogliere elementi di valutazione ancora inesistenti nel nostro Paese, utili a verificare se esista, ed eventualmente in che misura, una realtà diversa da quella fondata esclusivamente su condizionamenti, luoghi comuni e pregiudizi.