Teologicamente parlando, "Beati i poveri perché vedranno Dio" indicherebbe l'umiltà e la povertà necessaria per essere un buon fedele, contrapposto a i ricchi che faranno fatica a vedere il regno dei cieli.
Stando invece all'esegesi neotestamentaria, egli si riferiva alla miseria vera e propria in quanto il "regno dei cieli" è vivibile, essendo anche una predisposizione mentale e sociale vivibile e che infatti le prime civiltà Cristiane cercavano di proiettare ogni giorno attraverso i riti quotidiani comuni, le scelte ideologiche (come il non andare in guerra e la mancata rinuncia momentanea a Dio), già in Terra.
Essi sarebbero quindi più vicini a Dio perché privi di pretese corruttibili e pronti a vivere nel sereno rispetto della natura e dei propri "fratelli", prendendo ciò che la natura (Dio) offre spontaneamente.