aerial Idem, e la ragione principale è imputabile al fatto di provenire da una famiglia complessa - anzi, disfunzionale e patologica - in cui non si è mai davvero comunicato (al contrario, l'omertà ha dominato per decenni). Penso però oggi a mio padre, l'unica persona che, a suo modo, e sempre con le migliori intenzioni, c'è sempre stata e c'è ancora, anche e soprattutto nei momenti più difficili e drammatici. A quanto forte e incondizionato sia l'amore che ci lega, e alla necessità letteralmente vitale di comunicarcelo - con azioni concrete, certo, ma anche a parole, verbalmente. Nessuno dei due è abituato a farlo (le parole, persino quelle più semplici, restano lì, in gola), ma ci stiamo lavorando, grazie ad un supporto terapeutico estremamente valido.
E condivido in pieno questa affermazione di Stephen King:
Le cose più importanti sono le più difficili da dire. Sono quelle di cui ci si vergogna, poiché le parole le immiseriscono – le parole rimpiccioliscono cose che finché erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori. Ma è più che questo, vero? Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov'è sepolto il vostro cuore segreto, come segnali lasciati per ritrovare un tesoro che i vostri nemici sarebbero felicissimi di portare via. E potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perché vi sembrava tanto importante da piangere quasi mentre lo dicevate. Questa è la cosa peggiore, secondo me. Quando il segreto rimane chiuso dentro non per mancanza di uno che lo racconti ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare.